Acque, brughiera, nebbia (e il popolo delle zanzare d’estate). Tutto come da copione in queste lande pianeggianti con vista sulle montagne.
Sappiamo che Milano è differente ma ci siamo dimenticati il perché.
Certo è colpa della globalizzazione. Tutto il mondo si è trasformato in un’unica periferia da Seul a Rio. Stessi tic, odori, negozi, bar, automobili, stesso stile architettonico. Milano ha assecondato il processo senza opporre resistenza, come se fosse qualunque new town senza storia e carattere. Si è sottoposta a una bruxellisation ritardata. Ha messo mano alla propria identità per rifarsi un’immagine- sempre più scialba, anonima, botulinizzata.
La sua aura si è fatta debole e indistinta, difficile da percepire e decifrare non solo per i visitatori, ma anche per i suoi stessi abitanti.
Milano è una calamita. Si viene qui per lavorare e studiare, certo, ma non dimentichiamo che l’aria della città rende liberi e la libertà a Milano molti l’hanno trovata e costruita.
Milano è cambiata, come sempre succede più in fretta dei suoi abitanti. Sembra una bella addormentata, smemorata e ripiegata su se stessa. Ostaggio di dinamiche perverse che percepiscono il territorio solo in funzione del valore di mercato.
(matteo guarnaccia, Quelli che Milano)