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AutoreMessaggio
Elisabetta




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MessaggioTitolo: Monologo__   Monologo__ Icon_minitimeGio Feb 09, 2012 4:00 pm

La mia città è sul mare. Ovvio. Potendo scegliere, quale persona sana di mente sceglierebbe di vivere lontano dal mare?
E' rivolta a ovest così che il sole scompaia tutti i giorni dietro l'orizzonte immobile. Dà un senso di... giustizia, no? Di sicurezza. Il sole che scompare oltre il mare, sempre.
Alcuni dicono che se si guarda attentamente si percepisce il movimento della terra. Bah!
Io credo semplicemente che serva a far fermare tutti gli esseri umani contemporaneamente, rivolti verso uno stesso punto, li vedo estasiati, malinconici anche, davanti all'incontestabile ciclicità, alla perfezione del mondo; in un attimo si percepisce una profonda connessione con la propria condizione di mortali, di esseri finiti. E' una consapevolezza che risana lo spirito, secondo me. Una ricetta che dovrebbe prescrivere un medico. 'Allora, per il raffreddore le prescrivo un Actigrip e per il suo stato di depressa passivo-aggressiva mi contempli, per almeno 30 minuti al dì, la declinazione dell'astro solare oltre l'orizzonte marino'. Eh?...in fondo, chi sono io per criticare chi crede di percepire il movimento della terra, quando io ho le rivelazioni sulla mia condizione di mortale. Va beh..
A est, alle spalle della città, ci sono le colline. Ancora più indietro le montagne. A nord e a sud, invece, è tutta una distesa pianeggiante di campi coltivali e pascoli. Minchia, c'è tutto! Il mare, le colline, le montagne, le pianure...
Al centro della città sorge il luogo più affascinante, il quartiere storico.
Vedete, la mia città esiste da migliaia di anni e i suoi abitanti, a un certo punto, hanno scelto di non tentare di favorire le esigenze del mondo moderno, piegandone l'architettura; hanno semplicemente scelto di sfogare queste esigenze altrove. Hanno tentato, certo. Sono arrivati a sfiorarne i limiti strutturali, ma hanno deciso di fermarsi un cazzo di momento prima! Hanno fatto in modo che dai primi anni del novecento il centro storico rimanesse così com'era in quel preciso momento. Toh, giusto qualche aggiustatina. Non ci sono paraboliche sui tetti, non circolano macchine né motorini, non ci sono segnali stradali, telecamere, porte scorrevoli, semafori, pneumatici, bottiglie di plastica, sacchetti di plastica...non c'è niente di plastica.
Però ci sono i cavalli, i calesse, le carrozze e i muli, i carretti, le botteghe, le biciclette, i tram. Chi lo desidera può barattare temporaneamente i propri abiti con altri d'un epoca passata. Ci sono tante botteghe lungo il perimetro del quartiere storico in cui ti puoi spogliare delle tue vesti d'uomo moderno e fingere per qualche momento, per qualche mese, per tutta la tua vita, a te la scelta, di essere un gentiluomo, che si toglie il cappello per salutare, che offre il braccio alle donne... Ormai è raro vedere passanti in abiti moderni, i pochi che ci sono si sentono a disagio. E' così. L'atmosfera generale contamina tutto il resto. Mi piace tanto pensare che il passato esista perchè si possa scegliere cosa non modificare perchè, in effetti, ha funzionato, è bello, giusto, funzionale, così com'è.
Se c'è qualcuno che ci vive? Certo, tante persone, tante famiglie, scelgono questo ambiente, ma sono molti di più quelli che non riescono a rinunciare alla tecnologia e alle sue comodità. Una scelta difficile... vivere senza internet? Mh..
Adoro il quartiere storico. Vediamo se riesco a farvelo immaginare. E' completamente diverso da tutto il resto della città. Tu puoi camminare su un marciapiede verso il centro della metropoli, ma a un certo punto ti si parerà di fronte la facciata di un palazzo. Nessuna strada prosegue dritta verso il centro, che tu venga da nord, da sud, da est o da ovest, ogni strada che porta in centro finisce con un palazzo che ti sbarra il passo. Accanto al palazzo, ce n'è un altro e poi un altro e palazzo dopo palazzo è come se ci ergesse una cinta muraria che separa quello che c'è fuori da un interno. L'interno racchiude il quartiere storico.
Come si fa ad entrarci?
Basta entrare in uno qualunque dei portoni che gli abitanti lasciano sempre aperti. E' come se i cortili interni di questi palazzi introducessero al quartiere vecchio. Oltre la soglia le strade sono strette, non asfaltate e un modo antico si apre dinnanzi agli occhi. Un piccola magia.
La mia città è tutta divisa per quartieri, come Parigi. Anche se questa è una delle poche similitudini.
Come Milano ha una forma circolare in cui intorno al centro si sviluppano tutti gli altri quartieri a raggiera, tranne uno, il quartiere del porto che, ovviamente dopo un po' finisce, no?
Bello anche il quartiere del porto! E' fatto tutto di moli. C'è il porto turistico con le fiere, l'acquario, i ristoranti di pesce, il cinema sottomarino, i moli per la pesca, quelli per il nuoto sincronizzato e poi c'è il porto commerciale, le navi cargo arrivano da tutto il mondo.
Ecco, adesso vi starete immaginando una cosa tipo Genova, con mostruose chiatte gigantesche, che sembrano subito gridare...PETROLIO!INQUINAMENTO!
No! Non è così, ma io non ve l'ho ancora detto...
Niente, nella città dove vivo produce inquinamento. Non si usa la benzina per la circolazione dei veicoli, il carbone non si compra, né si produce, il gas stesso è completamente superato. Noi abbiamo il vento, il sole e il calore della terra. Non partecipiamo a orrendi massacri per conquistare un pezzo di terra dove si estrae quella sostanza scura, puzzolente, appiccicaticcia che sembra essere l'ago della bilancia su cui si regge il nostro mondo.
Sto divagando, lo so, però aspettate un secondo... ho avuto un'immagine.
Chiudete gli occhi. Se vi chiedo di dimenticare il paragone che ho fatto prima e di immaginare una sostanza puzzolente, di colore scuro e appiccicaticcia, a che pensate?
Rispondetemi, ORA!
Dico, non sarebbe meglio provare a generare una qualche forma di combustibile, di energia dalla merda invece che dal petrolio? Pensateci. E' inesauribile, a disposizione di tutti, decisamente impiegabile in più di una maniera ed estraibile senza traumi...quasi sempre! Sicuramente qualcuno ci ha già pensato...
Il quartiere degli artisti è un altro posto magico. E' folle. C'è chi non lo sopporta. Non c'è una geometria precisa nel modo in cui sono sorti gli edifici, ma ognuno rispetta le esigenze di coloro che ci vivono. Ci sono opere d'arte dappertutto in mezzo alla strada, sculture, murales, dipinti, gli artisti usano il materiale che la città stessa gli mette a disposizione, la regola implicita per le strade però è l'armonia. Non ho mai capito come facciano, ma avventurarsi in questo quartiere significa assistere a concerti per strada, essere invitati a casa di qualcuno - e da fuori sembra proprio una casa -, ma scoprire che all'interno del palazzo c'è un piccolo teatro e di lì a poco si terrà uno spettacolo a donazione libera, non è obbligatoria... ma chi è che non riconosce un lavoro, un servizio, uno sforzo, un... chiamatelo come volete. Ci sono teatri all'aperto, sfilate per la strada, performance di ogni genere, troupe che girano non si sa bene cosa.
E' difficile che qualche 'civile' viva in questo quartiere, ma non è raro trovare famiglie miste, famiglie allargate, comunità. Gi abitanti del quartiere ha conquistato con la loro energia ogni spazio della zona, dalla metropolitana, ai tetti. Una volta ho assistito a una cosa pazzesca. Dal quarto piano di un edificio un tizio con un sax ha iniziato a suonare con la finestra aperta un motivetto orecchiabile, ma non riuscivo a vederlo bene, poco dopo ha iniziato a duettare con lui una tromba suonata da una enorme donna nera che abitava di fronte a lui. Poco dopo, un ragazzino è uscito dalla metropolitana con un basso a tracolla, trascinava un amplificatore e un cavo, collegato chissà dove sotto terra, e si è unito al duo. All'improvviso di fronte a me, si è aperta una piccola finestra illuminata, si vedeva la testa di una ragazza con i capelli riccissimi bagnati e la carnagione scura che faceva la doccia, mentre continuava a lavarsi, facendo uscire dalla finestra tutto il vapore acqueo, ha iniziato a improvvisare una canzone con la voce. Che figata! Mi sono fermata, incapace di resistere alla scena e sono scoppiata a ridere, colpita, divertita, trascinata, battevo le mani a tempo. A un certo punto alle mi spalle si è aperto un portone ed è uscito un signore dai capelli lunghissimi e bianchi, indossava solo un gilet, un paio di jeans e un cappello, portava una sedia, una scatola di legno e due birre, senza dire una parola me ne offre una, mi porge la sedia e mi fa cenno di sedermi, lui si sedie sulla scatola di legno, poggia la sua birra di lato e si mette a far volare le mani sulla scatola a ritmo proprio tra le sue ginocchia, come se fosse un tamburo. Papam, papam, pararapapaaa...!!
Scusate, mi sono persa via di nuovo, ma la mia città è così, ti prende e ti porta dove vuole lei.
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