So neanche se la vorrei, una città.
Ci sono nato, questo è chiaro. Me la sono presa comoda e sono nato in città.
Dopodiché il quartiere in cui sono cresciuto era come un paese, dove a pochi passi di distanza vivevano famiglie intere in una stanza senza servizi,
signori in appartamenti e ville di ricchezze sconosciute, ubriachi e operai nei trani e in latteria, negozianti che aprivano e chiudevano la giornata.
Io lì in mezzo. Il resto della città erano i luoghi da esplorare.
Ho un amico che una volta era a Beirut, là in Libano, lo sapete. Bene, era seduto ad un caffè all' aperto, quando improvvisamente a meno di
trecento metri è scoppiata furiosa una battaglia tra fazioni, anche a colpi di artiglieria.
Al caffè tutti hanno continuato tranquillamente le loro faccende, c' era qualche misterioso confine che avrebbe tenuto la battaglia lontano da lì.
Non era semplice, anzi forse impossibile esplorare il resto di quella città. Quel che ne restava.
Delle città mi piace la complessità che sembra involontaria, costruita dagli accidenti, inseguita dal pensiero, preceduta dalle intenzioni.
E io lì in mezzo, ancora. Perché aspetto ogni volta quei momenti in cui si apre allo sguardo, una città.
Che poi il più delle volte, questo è certo, sa neanche che ci sei, una città.
Sai neanche se ti vuole, una città.