Mi scusi, permesso…scusi, davvero! Mi perdoni, posso passare? Grazie, ecco, scusi…
Ahh! Eccomi. Pronta per i nove minuti più interminabili di ogni giornata. Si, perché ogni volta, aggiungerei purtroppo, riesco spintonando come un giocatore di rugby a salire sul treno. “Treno”… vagone lungo 2 metri per 2 senza luce, con finestre bloccate con un lucchetto. Un posto dove anche le persone più timide e restie ai contatti umani si arrenderebbero. Davanti a me un uomo enorme, altissimo che mi blocca ogni possibile visuale, alla mia destra poggiato esattamente sulla mia faccia lo zaino di un adolescente in preda agli ormoni che ripetutamente si muove, nello spazio che non c’è, avanti e indietro, facendo si che lo zaino mi prenda a pugni involontariamente. Sono costretta cosi a girare la faccia verso sinistra e il mio naso che aimè anche se inverno non ha il raffreddore ovviamente incontra un’ascella, che ovviamente non è il massimo della freschezza. Non rimane che cercare più fortuna dietro di me, provo cosi a svincolarmi un po’ e girarmi e incontro la signora più sveglia di tutta Italia che parla a raffica con l’amica di cose che la mattina non dovrebbero essere neanche pensate aleggiando nell’aria un odore di alito di caffè appena bevuto.
Insomma li sono, stretta come mucche su un carro, sballottolata di qua e di la senza la possibilità di attaccarmi se non ai capelli della signora chiacchierona. Ecco che il treno si ferma, vi chiederete perché ma…non c’è da chiederselo, è perfettamente normale; poche sono le cause: per evitare di schiacciarsi contro un altro treno che sta arrivando che puntualmente ha sempre la precedenza, un guasto(la scusa più comune), lavori sulle rotaie e per ultima, ma non per questo meno ovvia, il pazzo suicida che decide di farla finita.
E cosi siamo fermi. Nel silenzio nervoso e imbarazzante si finisce sempre per ascoltare la conversazione telefonica di un pendolare o la conversazione irritante della signora chiacchierona. La persona che sta parlando stranamente si accorge delle orecchie che tendono alle sue parole e smette di parlare. Nell’imbarazzo gli uditori cambiano repentinamente l’attenzione e cercano con lo sguardo qualcos’altro, cosa non si sa. Sospirano, sbuffano ed ecco che cominciano le lamentele. “Non si può, e che palle ecc..”.
L’irritazione è sempre più forte e incontenibile, ci si spoglia pian piano e senza volerlo si urta la signora bastarda e stronza, che ti insulta e partono quelle che io chiamo le contest da treno, come quelle sfide tra rapper. Inizia uno, l’altro lo difende, un altro difende la bastarda e cosi via fino a che il treno riparte e tutto finisce con un “tzz” accompagnato da un gesto molto poco carino.
Il treno corre e arriva alla stazione, i passeggeri, tutti all’unisono e dico tutti, come un esercito che marcia ad una parata, si girano verso la porta che come miracolo si apre. Li devo farmi forza, afferrare la mia borsa e la mia vita con coraggio e rassegnarmi che la mandria di mucche, sempre e perennemente in ritardo causa treno, mi travolgerà fino a portarmi alle scale della metro che vengono scese a quattro a quattro per catapultarsi a strisciare l’abbonamento, roteare tra i tornelli, arrivare davanti alle porte del metrò che…si chiudono a un palmo dal naso e si allontanano.
“Maciachini 3 min.” segna il display.