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livia




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MessaggioTitolo: città che vorrei_1   città che vorrei_1 Icon_minitimeDom Nov 27, 2011 4:59 pm

Livia (Mariangela)
Proposta n.1

In una città come dico io i taxi sarebbero gratis nei giorni di pioggia, non tanto per lasciare ai tassinari la parte da fessi, ma perché sarebbe prassi dare un passaggio a qualcuno se piove e non ha l’ombrello, sia che l’abbia dimenticato, sia che l’abbia lasciato a casa apposta. Per dire, io sono uno di quelli. Li trovo scomodi e pericolosissimi, una minaccia semestrale -da ottobre a marzo un attentato a occhi e piedi...
…di notte i taxi potrebbero portarti sotto casa evitandoti, tra la fermata del tram e la chiave nella toppa, quel passo sostenuto ma ancora aggrappato a una qualche forma di dignità, risultato di anni e anni di rientri notturni e solitari; quando invece uno, a dar corda alla paura, correrebbe scomposto come un pazzo fino al portone… in culo la dignità.
Di notte, le puttane di Viale Tibaldi e Liguria e Toscana, che a dirla tutta sono quasi tutte trans, avrebbero in gestione un chiosco-bar dove vendere, se serve, il proprio corpo ma anche drink analcolici ai passanti -centrifughe di mango e papaya- di modo che potrebbero sedersi in momenti di morta della clientela, e anche scaldarsi quando è molto freddo e sono quasi nude. A quelle di Viale Novara invece che sono donne biologiche e in gran parte nere darei un piccolo salotto gonfiabile, che te lo porti in borsa e poi lo soffi e lui cresce, che mi pare che potrebbero apprezzarlo di più del chiosco delle altre, perché sono più giovani e meno mondane.
Nella città di cui si sta parlando avremmo diritto, no! non diritto, dovere, di dormire minimo 8 ore a notte, perché un cittadino stanco e nervoso sarebbe più un peso che un aiuto per i suoi concittadini. Nel caso in cui si soffrisse di insonnia, sarebbe lecito farsi ospitare nei letti di chi si vuole a patto che la terapia risulti d’aiuto alla conciliazione del sonno.
Sempre in questa città gli stranieri non sarebbero stranieri, ma gente che viene da posti diversi, tipo: Bangladesh, Egitto, Romania, Cina, cioè da luoghi precisi, esistenti e verificabili sulle carte geografiche, non dalla Stranieria, un enorme sub-continente ricolmo di negri, gialli, e badanti, tutti quelli lì insomma che ci rubano il lavoro…Di ogni paese ci sarebbe l’obbligo di avere assaggiato minimo 5 piatti nazionali, così, giusto per sfidare l’italica diffidenza in materia culinaria, e l’obbligo di ascolto e di conversazione sempre con i suddetti, per un monte ore da definirsi, con argomento a scelta, ivi incluse le mortali disquisizioni sul tempo –metti mai che pure il cielo piatto di Milano possa rivelare incredibili sfumature di grigi visto da occhi diversi…
non avrei paura di prenderle se mi trovassi a difendere qualcuno che subisce un torto; le persone avrebbero il coraggio di essere solidali e mai omertose, aprirebbero la bocca sapendo che un altro e un altro si aggiungeranno al loro parlare, e alla fine ci sarebbe un coro di più voci, una massa di gente a difendere lo stesso principio. Nella città che vorrei ci sarebbero dei binari solo per le bici, che quando ti stanchi puoi smettere di pedalare e il binario ti porta lui, così vai più veloce e le macchine non ti stirano; e ci sarebbero le righe blu dei parcheggi, e anche le rosse gialle verdi oro indaco turchese e terra bruciata, giusto per il divertimento del sindaco di confondere un po’ le idee, che magari anche lui si deve distendere i nervi ogni tanto. Nella città che vorrei solitudine non farebbe rima con moltitudine perché solitario lo sarebbe chi lo vuole, ma solo non lo sarebbe nessuno per necessità. Ci rimetterei anche qualche pollo gallo gallina giusto così, perché fanno un rumore di radice comune; i vecchi sarebbero rock stars e mia nonna più anarchica di Patti Smith. Io camminerei per le strade sbocconcellando croccante e vomitando coriandoli. Una rondine farebbe subito primavera perché le altre sarebbero dietro un comignolo pronte a planare. E poi non ci sarebbero mai porte a vetro scorrevole di noti fast food, dove ci si possa rompere sopra il naso, ma solo fast food sconosciuti a conduzione familiare con gradevoli porte in legno massello.
La gente si metterebbe insieme per farsi il proprio lavoro, impresa, o bar, i capi sarebbero banditi dalla città, e i banditi avrebbero un cuore d’oro; la dedizione il valore più premiato. Nella città che vorrei dovrebbe essere facile farsi un crodino pure con il Papa, per dire, perché ci sarebbe ordine, ma non gerarchia. Ognuno starebbe al proprio posto, e l’arte tolta al monopolio dei pomposi arroganti. Nella città che vorrei sarebbe pieno di ragazze ye-ye.
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