Esiste una città fatta di case colorate, dalle mille forme e dai più diversi materiali. Fatta di parchi, navigli, piccole vie di ciottoli vivaci. Il cielo solitamente ospita il sole, sia che sia caldo, sia che sia freddo, ma anche quando piova, grandini o nevichi, il cielo è pulito. Non voglio lavarmi le mani. Esiste una città in cui i muri dei palazzi sono cantastorie, poeti, cantautori. Le finestre si parlano, i fili si tessono, il cemento non è mai muto: non ci si può sentire desolatamente soli. Esiste una città che accoglie, ma che non è invadente. Questa città ribadisce ogni giorno ai propri abitanti di amare essere la città dei propri abitanti, madre, amica, confidente. Esiste una città che non caccia, ma accoglie; esiste una città di cui puoi avere nostalgia. Non c’è bisogno che mi lavi le mani. Non si può dire dove sia situata questa città, perché in essa non esistono coordinate spazio temporali; e qualora esistessero, non sarebbero valori assoluti. È una città grande, ma si sente compatta perché unita. Non è una città gigante, ma si sente enorme, perché lascia che i confini possano espandersi rimanendo città. Non esistono cartelli che identifichino l’ingresso alla città, ma chiunque vi entri capisce di esservi entrato nel momento stesso in cui lo fa: pare sia automatico, in quel preciso secondo, sentire quello che viene chiamato “il soffio al cuore”, sensazione che in alcuni si concretizza in una frase che fa all’incirca così: finalmente mi sento a casa. Non importa che il soggetto suddetto sia nativo o straniero: per poter vivere in questa città è necessario scegliere di farlo. Questa città non è padrona, non prigioniera, non madre soffocante. D’altronde nessun uomo che fosse costretto a stabilirsene controvoglia potrebbe sopravvivere alla cura che gli abitanti hanno per le strade, i palazzi, i parchi, le scuole, le piste ciclabili, l’aria, la terra. La terra. Mi piace sporcarmi le mani della mia terra. In questa città esistono leggi ma non esistono giudici, perché le leggi sono state decretate dai cittadini, e hanno la sola funzione di dare una struttura armonica alla società: in questa città non si condanna, ci si prende cura. D’altronde, ladri non ce ne sono, perché non esiste la parola “rapina”, e in ogni caso, se qualcuno rubasse, nessuno se ne accorgerebbe, perché, nel rispetto del privato, gli uomini non sono attaccati al possesso dei beni materiali, ma, naturalmente, sono disposti a cedere i propri eccessi a chi ritiene di averne bisogno. Le case non hanno serrature: nessuno ha mai visto una porta blindata, un catenaccio. In questa città si pratica l’amore con pudica libertà: le strade profumano di eros, risuonano di arte e di poesia. Per questo ogni via ogni giorno è uguale, ma è sempre diversa. Per questo, non esiste la noia. La mia terra è fatta di mille granelli diversi. Libertà non è una mira, è una condizione. In questa città si è liberi di essere, si è liberi di sentirsi liberi di essere. Nessun uomo è giudice dell’intimo, e neppure accenna ad esserlo, perché la profondità e la leggerezza dell’animo e del corpo sono due criteri che convivono pacificamente. Non ci si preoccupa di essere notati o di passare inosservati, perché non esiste il concetto di sopraffazione. I cittadini, se fossero un fumetto, sarebbero delle bolle di sapone colorate piene di sfumature, luccichi, zone d’ombra, ma in grado ad ogni incontro di unirsi più o meno con un'altra bolla, come in uno strano bacio di sapone, per poi staccarsi e continuare per la propria strada portandosi via un pezzo, più o meno grande, dell’incontro avvenuto. E se non voglio salutare un'altra bolla, posso non farlo, posso non fare maschera, posso scegliere a che bolla dire di sì o a che bolla dire di no. In questa città si guarda, si odora, si ascolta, si gusta, si tocca veramente, senza pensare di doverlo fare veramente, ne tantomeno facendo finta. Granelli cristalli. La chiamano la città della fede, perché il concetto di fede, in questa città, prescinde dalla religione. Ci si interessa a Chi, o a Cosa, non al come, o a quante volte preghi o digiuni diversamente da quel che faccio io. In questa città il parco è verde, ma anche rosso e giallo, e i navigli sono blu. In questa città puoi trovare musicisti negli angoli più impensabili, ma mai soli e senza cappello. Puoi trovare cibi dai sapori più improbili, e dalla composizione più strana possibile. Puoi sentirti bene mangiando ai piedi di un marciapiede in compagnia di un altro uomo- bolla mai visto prima. Esistono, in questa città, dei luoghi dove ci si scambiano idee, scritti, libri, notizie. Liberamente. E si è liberamente liberi di dire stupidaggini, perché in questa città l’ironia è un valore. In questa città si crede alla magia del non visibile. Tanto è vero che, se qualcuno crede di soffrire di una grave malattia, che può essere l’egoismo, il cinismo, l’indifferenzismo, si può recare in un negozio- La bottega dei Prinzipullò- e comprare una piccola fialetta di acqua bianca: il negoziante, un vecchio e saggio anziano che nessuno in questa città potrebbe considerare matto perché matto sarebbe chi considera matto, è in grado di capire quale flacone è in grado di curarti dalla malattia, lo ricopre di una leggera carta velina, e te lo dona: è così che si curano le malattie in questa città. Calda, la mia città la voglio calda.