C’è poco da fare… non so a voi, ma, a me, quelli che chiedono la carità fanno girare il culo! Ma sì, salgono sulla metropolitana, con quella faccia lì… quella faccia un po’ da basset hound… credono di commuovermi, quelli lì! Commuovere me? Ma figurati! Innanzitutto, tanto poveri non sono: come fanno a essere in metropolitana? Hanno scavalcato? Impossibile! Allora, almeno un euro e cinquanta ce li hai… e li butti via così? Non mi stupisco che poi… ma chi vuoi fregare? E poi, scusa, sei giovane: ma perché non vai a lavorare? Cos’è? Hai paura di fare i turni? Oh poverino… Guarda, guarda quello lì… che faccia da pirla! Cosa fa quello lì? Piange? Ma cosa piangi cosa? “Per favore, ho l’AIDS…” Il bicchiere della coca cola in mano, tutto rovinato, sporco e irrimediabilmente vuoto. Come se non sapessi che, tra un treno e l’altro, i soldi te li metti in tasca! Magro, gli occhi scavati, la pelle rovinata… e i denti? Ma guarda che denti! Si trascina da un passeggero all’altro con l’andatura tipica di una pallina da flipper che va al rallentatore. “Per favore, ho l’Aids...” Dei muri. Dei muri di gomma. Chi lo guarda fisso negli occhi, quasi a sfidarlo; chi distoglie lo sguardo e si mostra estremamente interessato dalla mappa della metropolitana; chi smanetta sul cellulare. Io, per non sbagliare, guardo l’orologio. Che non porto! Mica si sarà accorto? Insomma, un trionfo di cliché. Un “Non me ne frega niente!” non verbale. Ed è giusto! Se si è conciato così, la colpa è solo sua! E poi com’è… beh, brutto, è brutto, per l’amor di Dio. Ma i suoi occhi… No, non il colore: gli occhi azzurri ce li hanno tutti. Lo sguardo, intendo… un relitto d’uomo, sì, ma che sguardo… gentile. Un relitto d’uomo, costretto ad implorare la pietà altrui e che lo fa con una dignità imbarazzante… Cosa mi succede? Cos’è questo spasmo nella regione epigastrico duodenale, tanto per citare Gaber? Vuoi vedere che il culo mi gira perché vorrei fare qualcosa per quel ragazzo, ma mi vergogno? Come? Proprio io? Riccardo, il potente, che non tollera le ingiustizie, mi vergogno ad andare da lui e dargli anche solo un euro? E chissà quanti la pensano come me! Delle merde! Siamo delle merde! Ma sì, alziamoci! Corriamo da lui! Abbracciamolo! Laviamolo! Nutriamolo! Ricopriamolo di monete! Niente… il mio afflato di cristiana carità resta lettera morta… nessuno si muove. Tra poco arriva la fermata. Tra poco sarà troppo tardi. Sono un vigliacco… Vi prego, compagni di viaggio: almeno uno di voi che abbia il coraggio! Manca poco… Ecco! Forse ci siamo… Ma sì! Quella vecchietta: mette la borsetta sulle ginocchia. La apre. Prende il borsellino (le vecchiette non usano il portafoglio: hanno il borsellino). Il clic delle pinze metalliche che si aprono attirano l’orecchio esperto dell’accattone. In un batter d’occhio è di fronte a lei. Vuoi vedere che la pallina da flipper era una messinscena? “Per favore, ho l’Aids…” La metropolitana si ferma. Nei pochi secondi di silenzio che precedono il sibilo dell’apertura delle porte, la signora prende una banconota da cinque euro e la lascia cadere nel bicchiere della coca. Un accenno di sorriso. E un commento agghiacciante:“Speriamo che sia Aids…”. Hai capito, la vecchietta?