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| Titolo: da milano, o cara...di Andrea Bonvicini Ven Dic 02, 2011 9:54 am | |
| È facile farsi idee su Milano, ma ancor di più vederle smentite. Pensi di conoscerla, e ti sbagli: specie se non sei di qui o magari invece proprio perchè sei di qui e i tuoi avi è secoli che mangiano la cassoeula ogni domenica e allora credi di sapere tutto. […] E poi non sai neanche bene dove finisce né dove inizia, questa città. Ci devi entrare, proprio così, ci sei costretto, volente o nolente: o, univa alternativa, te ne stai a debita distanza e morta lì. Prendi le autostrade. Il primo sgambetto che ti fa Milano è la barriera: lì l’autostrada finisce poi riprende dall’altra parte, verso Torino. Strano, no? No, normale per i Milanesi: tutte le autostrade finiscono o iniziano a Milano, non ci passano né dentro né accanto. Normale un corno, dico io: sei sulla tua macchina, tragitto diciamo da Perschiera sul Garda a Chivasso, Milanonon c’entra niente e invece sbatti nella barriera, proprio ci sbatti se non stai attento. […] E’ così, che sia chiaro fin dall’inizio, dalla barriera: da Milano ci arrivi e ne riparti. […] l’autostrada finisce e comincia Milano, anzi nella città ci sei dentro già da un po’ e tu non lo sapevi, lei ti ha inglobato, ti ha presoe ti ha messo il suo sigillo, un segno di riconoscimento. Milano è una mamma che ti adotta subito: milioni di figli adottivi, milioni di milanesi inclusi loo malgrado o anche del tutto consenzienti. Milioni, di più, certo di quelli che ci risiedono. […]Se ti perdi a Milano ti conviene arrivare al Duomo, metteriti lì e ripartire da capo. Punto zero, o alfa. Probabilmente anche omega, prima o poi. Pensandoci bene una delle cose che non è difficile in questa città è proprio ricominciare se ti perdi. Ci si perde in tante maniere a Milano: perdi la strada, perdi i tuoi soliti unti di orientamento, perdi perché non ce la fai a reggere il ritmo, perdi i soldi che ci hai puntato, perdi tutti. Ma ti è sempre dato il modo di riprendere, di ricominciare, di riprovare. In una città tonda d’altronde è facile perdersi. […] “Dalla Ghisolfa fai prima Bodio e poi Jenner, in Machiachini vai a sinistra: Imbonati, Pellegrino Rossi, Astesani e alla fine la Comasina. Ci sei?” “No. Ti ho perso alla Ghisolfa. Pensavo a Testori” “Testori? Dov’è via Testori?” “No, è che…”[…] Mi ricordo questo fatto dei milanesi che non sono mai davvero di Milano, lo avevo notato fin da piccolo: con i concorrenti di “Rischiatutto”. Mike: “ Ecco qui il nostro signor Madonia, eh. Bene bene eh. E da dove viene signora Madonia?” “Milano, però sono di Palermo.” E così gli altri; il signor durante: “ Milano però sono nato a Taranto”; la signorina Genovese “ Milano, ma i miei sono di Napoli”. […]La sera mi fece arrivare il link alla pagina di Wikipedia dedicata a fra Bovesin della Riva, dell’ordine degli umiliati, milanese del finire del 1200. […] Mi buttai sulle pagine di Bovesin. [… ] A partire da quell’osservazione che Mediolanum è parola che contiene tutte le vocali, una per sillaba, simbolo di perfezione e completezza. Ma più ancora gli elenchi interminabili, i profluvi di oggetti e luoghi e fiumi per descrivere le ricchezze, le meraviglie della sua terra […] “I nostri territori, fertili di feraci frutti, producono una così grande e mirabile abbondanza di ogni sorta di granaglie, grano, segale, miglio, panico, fave, ceci, fagioli […]” via via ammassando abbondanza su abbondanza, ancora questi elenchi, questo bisogno dei Milanesi, fin dal medioevo, di non fermarsi mai, di aggiungere, ribadire, allargare, arricchire, locupletare. […] Dalla lettura delle Meraviglie di Milano […] ti resta attaccata l’ammirazione dell’autore per questa città primigenia, una Ur- Città, il prototipo della città, la città madre, la metropoli. Ecco una mamma ferace, una mamma abbondante, così la descriveva Bovesin della Riva. […] Una mamma larga che ti lascia correre qua e là purchè torni a casa la sera, sotto le gonne, larghe pure quelle, larghe come il Duomo. Milano ha le tette, Milano è una mamma con le tette, con tante tette, mica solo due […] come i lattonzoli dei maiali: appena nati, se non vogliono morire, devono scoprire qual è il proprio capezzolo, quale il latte da succhiare e devono farsi largo, devono affrettarsi e farsi spazio tra tutti gli altri, per trovare la tetta della mamma, una mamma grande, che ti manda in giro, a laurà, a mantener famigli,a ma che poi la sera ti attacca alla tetta, ti accarezza quando sei triste e stanco, una mamma enorme… una mamma in bianco. Aveva ragione Gaber. […] Milano. “ Milano, o cara noi lasceremo / la vita insieme trascorreremo /de corsi affanni compenso avrai”…. […] | |
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