Sono giornate di pioggia intensa a Milano, come succede spesso in novembre, che quando comincia a piovere sembra non voglia più smettere. In via Torino non si riesce a camminare. Una gran folla come sempre, ma oggi gli ombrelli aperti occupano tutto lo spazio ed è quasi impossibile avanzare se non accettando di adattarsi al ritmo di questa massa umana che incede lentamente. Di solito me lo faccio a piede il pezzo di strada da via Cesare Correnti a piazza dal Duomo. Sono al massimo una decina di minuti se cammino un po’ in fretta. Ma oggi è impossibile, c’è un muro di gente e di ombrelli davanti a me. Vedo arrivare il 2 e siccome non sono poi tanto distante dalla fermata davanti alla Fnac, decido di prenderlo, così almeno non mi bagno e se tutto va bene arrivo prima. Affretto un po’ il passo, quasi corro un po’: non voglio perderlo. Ecco, ci sono. Mentre sto per mettere il piede destro sullo scalino del tram, sento che il piede sinistro mi scivola via e finisco con il culo a terra, un piede sotto il tram e l’ altro sopra allo scalino. Non riesco a muovermi, sono bloccata. Ho un gran male alla caviglia, quella del piede sotto al tram e mi fa male pure la chiappa, che è come se si fosse spiaccicata con violenza sul marciapiede. Davanti a me, sul tram, un signore è seduto comodamente. Lo guardo come a chiedergli aiuto, ma lui, pur guardandomi, è come se non mi vedesse e non si scompone. Non riesco a parlare, dal dolore non riesco a dire nulla e dalla mia bocca escono solo lamenti e gemiti incomprensibilli … Guardo un’altra signora, che gli sta seduta di fronte. Pute lei mi guarda, fa un gesto, ma è per mettersi a posto il cappotto … i miei pensieri viaggiano veloci “se il tram riparte mi trancia via il piede” ed ancora “speriamo che il conduttore mi veda dallo specchietto retrovisore e che non parta” … “speriamo che qualcuno mi veda, che capisca, che venga ad aiutarmi ad alzarmi … non ce la faccio” sono pochi secondi ma lunghissimi, durante i quali la sola cosa a muoversi sono i miei pensieri. Guardo ancora dentro al tram, in cerca di aiuto, ma nessuno accenna un gesto, nessuno si alza per venire verso di me a tendermi una mano, nessuno si muove. Pur vedendomi lì a terra, bloccata, nemmeno uno scolla il sedere dal sedile. Io cerco aiuto, ma sembra quasi che non mi vedano o magari mi vedono, ma non riescono a capire che “ho bisogno di aiuto, porca puttana!!! Ma te, signora , che te ne stai lì, seduta conìl tuo bel cappotto abbottonato e con il cappello in testa, ma non lo vedi che non ce la faccio a muovermi? E te, signore dall’aria non curante, mi guardi e fai come se non mi vedessi. Guarda che non sono ubriaca … porca puttana ! sono solo scivolata sul selciato bagnato ! Ma non capisci che se il tram parte, mi sega via un piede, cazzo !” Niente da fare, tutti lì seduti e composti … nemmeno uno che si muova. Posso solo contare su me stessa. Devo trovare tutte le forze per rialzarmi prima che il tram riparta. Mi allungo, mi spingo con la mano sinistra mentre allungo il braccio destro per aggrapparmi alla porta e finalmente riesco a sollevarmi ed a tirare fuori la gamba da sotto il tram. Mi fa un gran male la caviglia, zoppico un po’, lentamente e ben aggrappata alla porta del tram, riesco a salirci sopra … solo in quel momento, la signora col cappello mi rivolge la parola e mi chiede “ma è caduta? E’ già, con questa pioggia si scivola, bisogna fare attenzione. Ma si è fatta male? Vuole sedersi ?”