Uno degli anni in cui noi uomini di oggi si era ragazzi o bambini, sul tardi d'un pomeriggio di marzo, vi fu in Sicilia un pastore che entrò col figlio
e una cinquantina di pecore, più un cane e un asino, nel territorio della città di Scicli.
Questa sorge all' incrocio di tre valloni, con case da ogni parte su per i dirupi, una grande piazza in basso a cavallo del letto d'una fiumara,
e antichi fabbricati ecclesiastici che coronano in più punti, come acropoli barocche, il semicerchio delle altitudini.
E' a pochi chilometri da Modica, nell' estremità sud-orientale dell' isola; e chi vi arriva dall' interno se la trova d'un tratto in piedi, festosa di tetti
ammucchiati, di gazze ladre e di scampanii; mentre chi vi arriva venendo dal non lontano litorale la scorge che si annida con diecimila finestre
nere in seno a tutta l'altezza della montagna, tra fili serpeggianti di fumo e qua e là il bagliore di un vetro aperto o chiuso, di colpo, contro il sole.
......... e di nuovo indicò tutta la valle di case; poi i quartieri delle pendici ch'erano deserti e immobili nell' azzurro dell' ombra; poi la folla ch' era in fondo,
immersa nel sole, e in essa indicò l' origine della musica che s'udiva vibrare ogni tanto, filtrata dalle diecimila stanze vuote e dalle gole d' organo della montagna.
- Ma che cos'è? - domandò. - E' Gerusalemme?