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| Titolo: Da A noi ci piace cantare a volume spento, di Simona Martini Ven Dic 02, 2011 9:56 am | |
| I milanesi si sono estinti- LeLe Battista Io non mi metto a scrivere pensando di riuscire ad arrivare a qualcuno. Ma poi ho visto che qualcosa sono sempre riuscito a comunicarla. Allora mi secca vedere che potrei parlare a tanti ma ciò non avviene. Ma scrivere una canzone è sempre un bellissimo passatempo. Mi conosco meglio, così. C’è sempre una sorta di aspetto psicanalitico nel fare questi discorsi…mi sono risparmiato un sacco di sedute dall’analista così. E sono diventato bravo a rompere le balle in giro pur di farmi ascoltare. Qui a Milano la gente c’è, la voglia di ascoltare un po meno. E ci tocca inventarci qualcosa per tirare la gente fuori di casa. Per venirci a sentire, col decibel che servono, perché quello che facciamo lo merita! […] E’ facile fare l’artista incompreso se sei tu il primo a non comprenderti. Il pubblico è assolutamente imprevedibile: nascono ste mode, sti filoni…fosse che per una volta capitiamo nell’ondata giusta…il pubblico è pieno di pregiudizi, ma non è neanche troppo colpa loro: è più difficile scardinare il muro dei media. La libertà dei milanesi finisce dove inizia quella degli altri, dei non milanesi. Io mi sento tanto legato a te, città delle bugie, sento che la mia città in vari momenti ha tirato foro cose interessanti. Ma adesso ti serve qualcosa che mi faccia venir voglia di togliermi le pantofole… e lo so già quanto ti offenderai, quando sentirai tutte ste cose. È per questo che forse non te le dirò mai. Perche quando ti offendi, ti risenti, diventi più odiosa di quello che si. Ma non migliorerai mai, perche ritieni di non aver niente da fare per migliorarti, chè sei già grande così. Potresti fare tanto e sei ancora qua… C’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza. C’è solo la voglia e il bisogno di uscire, di esporsi nella strada e nella piazza. Perché il giudizio universale non passa per le case, le case dove non ci nascondiamo. Bisogna tornare nella strada, nella strada per conoscere chi siamo. […] Guarda dove siamo cresciuti, nella città delle ombre. Dovremmo cominciare con il cercare delle ombre, che non vuol dire credere che niente qui sia vero, ,a porre i propri occhi sulla cima più alta di questa megalopoli, città delle bugie che portano ad avere timore di sé. Nella nostra inquietudine ci sono gioie spente e cose che ci fermano, che impongono alla testa di stare chinata a terra… [….] Il Milanese, essendo ottuso e presuntuoso, è convinto che la pronuncia giusta sia la sua. […] Tu per me hai sempre avuto valenza negativa: sei la città delle ombre, hai sempre rappresentato il grigiore- che io adoro però: il grigio, il clima autunnale, la pioggia… A me le canzoni allegre mettono tristezza e quelle tristi mettono allegria. Mi ha sempre dato fastidio il grigiore intellettuale di una città che ha perso il valore umano delle cose. Il milanese è l’unico che lavora. Sei la città dell’arrivismo, della roboticità della meccanizzazione, che poi è una cosa che forse ti fa lavorare di meno: secondo me si lavora di più in altri posti…città delle bugie, della finzione. Ho perso la voglia di stare con te, la voglia di essere uno dei tuoi errori. Questo grigio sì che mi fa perdere qualcosa. Ti ho riscoperta andando in bicicletta: ora sto quasi al livello dell’amore e mi piace sentirmi milanese. Ho sempre avuto una fascinazione per le arti figurative, per le quali sono negato. E quindi anche uno scarabocchio per me è grandioso. Conoscere l’arte che è stata prodotta qui mi aiuta a vederti meno odiosa di come sei e di ciò che ti ha rovinata “ A Milano succedono sempre le cose, qui c’è tutto, qui si lavora…Ma sì, quello spettacolo chissenefrega, tanto lo rifanno, poi è sempre la solita solfa…ci andiamo un'altra volta magari, eh?” Lassismo che detesto. Tipo l’immobilità burocratica dell’expo. O la follia collettiva che siamo più avanti di tutti e invece non è vero per niente. Ho perso la voglia di andare incontro al tuo silenzio., dimettermi in un angolo a fianco a sentire che hai bisogno di star meglio, a subire il tuo bisogno di star meglio. Mi chiedono di fare tante cose, e alla fine io le faccio, e anche bene. […] Mi sento una campana crepata che fa rumore ma non suona. Forse non siamo eroi, ma amiamo immaginarlo. | |
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